Alessandro Scarlatti | Clori, ninfa e amante

Alessandro Scarlatti | Clori, ninfa e amante | Arias and Cantatas

Renata Fusco | Voice
Massimo Lonardi | Archlute
Matteo Mela | Baroque Guitar
Lorenzo Micheli | Theorbo & Baroque Guitar

Buy it on iTunes
Buy it on Stradivarius.it

 

 

Alessandro Scarlatti (Palermo, 1660 – Napoli, 1725)
La principessa fedele
1. Sinfonia
Presto-Allegro-Presto

Gli equivoci nel sembiante
2. Un amante che pianger non vuole
3. Onde, ferro, fiamme e morte
4. Lasciami sola a piangere

Il rosignuolo. Cantata
5. Il rosignuolo se scioglie il volo
6. Vola dal mirto al faggio
7. Col tuo mesto mormorio

Domenico Scarlatti (Napoli, 1685 – Madrid, 1757)
Sonata K.81
8. Grave
9. Allegro
10. Grave
11. Allegro

Alessandro Scarlatti
Cantata di lontananza
12. Tu parti, idolo amato
13. Idol mio
14. Lontananza crudele
15. Sta in lontananza 

Gli equivoci nel sembiante
16. Tal io, misera amante
17. Al dispetto del sospetto
18. Cieli, voi che ognor vedete

La principessa fedele
19. Sinfonia
20. Scherzo fui della procella

Recording: Chiesa di Nomaglio (Turin), Italy, September 7-9, 2011

Recording supervisor: Andrea Dandolo

Recording engineer: Andrea Chenna

Digital Editing & Mastering: Andrea Dandolo

Photos: Roberto Ricci (Fusco) _ Matteo Carassale (Lonardi, Mela & Micheli)

Massimo Lonardi plays an archlute by Stefano Solari (Milan 1990, after Matteo Sellas, Venice 1635)

Matteo Mela plays a baroque guitar by Anna Radice (Bologna 2000, after Anonymous, Italy 17th Century)

Lorenzo Micheli plays a theorbo by Jirí Cepelák (Prague 2003, after Matteo Sellas, Venice 1637) and a baroque guitar by Jirí Cepelák (Prague 2004, after Anonymous, Italy 1650 ca.)

 

Clori, ninfa e amante

Arie e cantate di Alessandro Scarlatti

 

Clori ama Eurillo, Eurillo ama Clori: il resto tutto sommato conta poco, perché all’inizio e alla fine di questa storia c’è solo il loro amore. Sono i due co-protagonisti a spezzare l’incanto (e l’immobilità narrativa): Armindo ama la ninfa Clori, Lisetta arde per il pastore Eurillo contendendolo – nel segreto del proprio cuore – alla sorella Clori. Lisetta è disposta a ricorrere all’inganno pur di conquistare Eurillo, mentre Armindo approfitta di un equivoco per entrare nelle grazie di Clori, ignorando fino all’ultimo che Eurillo – a cui lui sta cercando di rubare l’amore della ninfa – è suo fratello gemello.

Lo scioglimento del segreto che lega il destino dei personaggi – l’esistenza di un “doppio” di Eurillo – e la reciproca agnizione dei due fratelli separati alla nascita chiudono lietamente il libretto de “Gli equivoci nel sembiante”, confezionato dall’abate e letterato Domenico Filippo Contini. La favola pastorale di Eurillo e Clori è esile ma ben orchestrata, e si presta perfettamente alla sensibilità drammatica di un giovanissimo musicista siciliano, Alessandro Scarlatti (nei registri dell’Accademia dell’Arcadia, che nel 1706 menzionano il suo ingresso fra gli accoliti con il nome d’arte di “Terpandro”, il compositore è definito palermitano): Scarlatti ha appena diciotto anni quando licenzia la partitura de “Gli equivoci nel sembiante”, con ogni probabilità il primo di oltre sessanta titoli (sopravvissuti solo in parte) da lui composti per il teatro musicale.

 

Andata in scena per la prima volta a Roma nel 1679 e poi ripresa in numerose produzioni (Bologna 1679, Vienna e Napoli 1681, Ravenna 1685, Venezia 1690, forse ancora Roma 1693), “Gli equivoci nel sembiante” vede la luce in anni difficili per l’opera. Innocenzo XI, succeduto a Clemente X nel 1676, ha inaugurato una politica moralizzatrice di cui l’avversione per gli spettacoli teatrali (e per il melodramma in particolare) è un elemento importante. Nondimeno l’opera ottiene apprezzamento immediato: essa vale al giovanissimo compositore il favore e la protezione di Cristina di Svezia, e nei decenni successivi resterà, stando alle parole di Frank A. D’Accone (che ne ha curato l’edizione critica), “una delle opere di maggior successo della lunga e produttiva carriera di Scarlatti”. Da essa sono tratte cinque delle arie contenute in questo disco. Tre di esse, a voce e continuo, sono in forma binaria (due stanze inframmezzate da un ritornello strumentale); le altre due – “Un amante che pianger non vuole” e “Cieli, voi che ognor vedete” – sono arie brevi in forma ternaria con un accompagnamento strumentale scritto per esteso. In nessuno dei manoscritti esistenti (cinque testimoni per l’opera completa, più uno del solo primo atto) è indicata esplicitamente la strumentazione, anche se è inevitabile pensare agli strumenti ad arco. La decisione di estrapolare le singole arie d’opera per eseguirle con il solo accompagnamento di strumenti a pizzico è in linea con una pratica seicentesca diffusa, menzionata, ad esempio, dal compositore e teorico fiorentino Severo Bonini, che nella sua “Prima parte de’ discorsi e regole sovra la musica” documenta così il successo e l’ampia diffusione del “Lamento di Arianna” di Monteverdi: ”Tra’ forestieri prima fu il sig. Claudio Monteverdi, il quale arricchì questo stile di peregrini vezzi e nuovi pensieri nella favola intitolata Arianna, opera del sig. Ottavio Rinuccini, gentiluomo di Firenze; fu tanto gradita che non è stata casa la quale, avendo cembali o tiorbe in casa, non avesse il Lamento di quella.”

 

Clori ama Eurillo, Eurillo ama Clori. La scrittura melodica, armonica e ritmica di Scarlatti si piega per tratteggiare tutte le declinazioni possibili di questo amore. La voce di Clori ci racconta di volta in volta gelosia, esaltazione, sofferenza, sottomissione, rabbia: Clori in balia delle sue pene d’amore (“Cieli, voi che ognor vedete”), Clori che cura in solitudine le ferite di Cupido (“Lasciami sola a piangere”), Clori, combattiva e determinata, che afferma la forza invincibile del proprio sentimento per Eurillo (“Al dispetto del sospetto” e “Onde, ferro, fiamme e morte”), Clori coraggiosa e quasi sfrontata (“Un amante che pianger non vuole”). La sua tavolozza emotiva varia e mutevole si adatta alla perfezione a un’attrice-cantante dalla vocalità non convenzionale, che sappia rendere più incisivi possibili i gesti e  le figure retoriche musicali. La tessitura nell’ottava naturale in cui è scritta la parte di Clori sembra suggerire implicitamente una scelta di questo tipo: scelta non dissimile da quella che, settant’anni prima degli “Equivoci”, viene compiuta assegnando all’attrice e cantante Virginia Ramponi – elogiata da tutti i suoi contemporanei – la parte della protagonista nell’Arianna di Monteverdi.

 

Secondo l’uso in voga delle “sinfonie avanti l’opera”, il disco si apre con una scintillante sinfonia presa in prestito dall’opera “La principessa fedele” (1710). La sinfonia presenta la canonica suddivisione in tre parti (Presto-Allegro-Presto) e sembra cucita su misura per l’estensione delle due chitarre barocche. In chiusura essa viene riproposta con la sua funzione originaria, quella di introdurre sulla scena la principessa Cunegonda, che – accompagnata dagli strumenti – canta l’aria col da capo “Scherzo fui della procella”.

 

Una testimonianza sull’arte musicale di Alessandro Scarlatti sarebbe gravemente incompleta senza un riferimento al suo impegno come autore di cantate da camera. Dopo l’opera, la cantata profana a voce sola e basso è di gran lunga il genere musicale favorito nell’Italia del XVII secolo: questo non deve stupire, in un’epoca in cui ai cantanti spetta il gradino più alto della scala gerarchica musicale (almeno fino a quando Corelli e la sua scuola non dimostreranno che il violino può gareggiare con la voce, e persino prevalere su di essa). La voce è l’unico strumento per il quale si compone musica da camera di livello e stile elevato: e così Alessandro fa delle sue oltre 700 cantate il laboratorio ideale in cui sperimentare e perfezionare il proprio vocabolario tecnico-espressivo. Le prime cantate scarlattiane hanno forma irregolare, spesso con arie in forma binaria o su basso ostinato. Intorno al 1700 Scarlatti ne codifica la struttura in un dittico di arie, quasi sempre col da capo, separate dal recitativo, come nel “Rosignuolo” (databile forse intorno al 1698), e talvolta precedute da un recitativo introduttivo (è il caso della “Cantata di lontananza”, 1700-1710).

 

Il più prodigioso e ammirato capolavoro di Alessandro Scarlatti è senz’altro suo figlio Domenico, oggi uno dei compositori più amati – e suonati – nel mondo. All’interno del corpus delle sue Sonate per clavicembalo esiste un gruppo di cinque sonate in tre o quattro movimenti per una voce e basso continuo, catalogate da Ralph Kirkpatrick come K.81, K.88, K.89, K.90 e K.91. Una di queste, la sonata K81, è collocata al centro del nostro programma a mo’ di intermezzo strumentale. Benché il testo originale sia privo di indicazioni, è verosimile che la voce superiore vada affidata a uno strumento monodico, come un violino, un mandolino o uno strumento a fiato (ma non manca chi sostiene che si tratti di sonate per uno strumento a tastiera, in cui la parte del basso viene armonizzata estemporaneamente dall’esecutore). In questo programma è proposta un’insolita realizzazione per chitarra a cinque cori e basso continuo.

Più di sessanta melodrammi e settecento cantate, trentacinque oratori, messe e mottetti (per citare solo la musica vocale) scandiscono una carriera musicale lunga quasi cinquant’anni: eppure il processo di scoperta e rivalutazione della musica di Alessandro Scarlatti è ancora lontano dall’essere compiuto. Ci sono stati alcuni passi fondamentali (il primo, in ordine di tempo, è la monografia di Edward J. Dent, “Alessandro Scarlatti: his life and works”, London, Arnold 1905) e ci sono state sporadiche fiammate di interesse (come la settimana di studi scarlattiani ideata da Alfredo Casella e Sebastiano A. Luciani e organizzata dall’Accademia Chigiana di Siena nel settembre 1940); ma per la sua maggior parte l’immensa produzione del maestro palermitano rimane ancora avvolta dalla nebbia fitta dell’oblio. Questo disco vuole rendere omaggio all’arte musicale di uno dei più grandi compositori italiani di tutti i tempi.

 

Lorenzo Micheli

Milano, settembre 2013

 

 

Clori, ninfa, e amante

Arias and cantatas by Alessandro Scarlatti

 

Clori loves Eurillo, Eurillo loves Clori; nothing else matters much, because from the beginning to the end of this story there is only their love. The two co-stars are the ones to break the spell (and the narrative stillness); Armindo loves the nymph Clori, Lisetta burns for the pastor Eurillo, secretly competing for him against her sister Clori. Lisetta is willing to resort to deception in order to win Eurillio, while Armindo takes advantage of a misunderstanding to enter into the good graces of Clori, ignoring as long as possible the fact that Eurillo – from whom he is trying to steal the love of the nymph – is his own twin brother.

The dissolving of the secret that binds the two characters’ fates – the presence of a “double” Eurillo – and the mutual recognition of the two brothers separated at birth joyfully close the libretto “Gli equivoci nel sembiante,” assembled by the abbot and scholar Domenico Filippo Contini. The pastoral tale of Clori and Eurillo is slender, but well constructed, and it lent itself perfectly to the dramatic sensitivity of a certain very young Sicilian musician, Alessandro Scarlatti (the records of the “Accademia dell’Arcadia”, which in 1706 note his entrance under the nom de plume “Terpandro,” indicate that he was from Palermo). Scarlatti was barely 18 years old when he signed the score of “Gli equivoci nel sembiante,” most probably his first of over 60 works (only partially survived) that he composed for the musical theatre.

 

Staged for the first time in Rome in 1679 and taken up in numerous productions thereafter (Bologna in 1679, Vienna and Naples in 1681, Ravenna in 1685, Venice in 1690, and maybe again Rome in 1693), “Gli equivoci nel sembiante” enjoyed success during some of the opera’s more difficult years. Pope Innocent XI, who succeeded Pope Clement X in 1676, ushered in a new political moralization, an important element of which was the aversion to theatre, and the opera in particular. Nevertheless “Gli equivoci nel sembiante” was immediately praisedthanks also to the grace and protection of Queen Christina of Sweden for the young composer, and throughout the decades it will remain, in the words of Frank A. D’Accone (who curated the critical edition), “one of the most successful works of Scarlatti’s long and successful career.” From it are drawn five of the arias contained on this CD. Three of these, for voice and figured bass, are in binary form (two stanzas separated by an instrumental refrain); the other two – “Un amante che pianger non vuole” and “Cieli, voi che ognor vedete” – are brief arias in ternary form, with written-out instrumental accompaniment. In none of the existing manuscripts (five testimonies for the complete work, plus one for the first act alone) is the instrumentation explicitly indicated, though it is inevitable to think of bowed instruments. The decision to accompany the single arias from the opera solely by plucked instruments is in line with a widespread 17th Century practice, mentioned, for example, by the Florentine composer and theorist Severo Bonini, who in his “Prima parte de’ discorsi e regole sovra la musica” documented thusly the success and wide diffusion of the “Lamento di Arianna” by Monteverdi: “Among these strangers, the first was Mr. Claudio Monteverdi, who enriched this style with novel ornamentations and new ideas in the work entitled Arianna, opus of Mr. Ottavio Rinuccini, nobleman of Florence; it was appreciated so greatly that in every house in which there were harpsichords or theorbos present, this ‘Lamento’ was performed.”

 

Clori loves Eurillo, Eurillo loves Clori. Scarlatti’s melodic, harmonic, and rhythmic writing stretches itself to trace all of the possible intricacies of this love. The voice of Clori can contain, from one moment to another, jealousy, praise, suffering, submission, and anger: Clori at mercy of the pain of her love (“Cieli, voi che ognor vedete”), Clori, as she heals the wounds of Cupid’s arrow in solitude (“Lascami sola a piangere”), Clori, combative and determined, who affirms the invincible force of her feelings for Eurillo (“Al dispetto del sospetto” and “Onde, ferro, fiamme e morte”), and Clori, courageous and almost impudent (“Un amante che pianger non vuole”). The varied and unstable emotional palette lends itself perfectly to a singer/actress of unconventional vocal ability, who knows how to make every gesture and musical rhetorical figure as clearly defined as possible. The weave of the natural octave in which the part for Clori was written would seem to implicitly suggest this kind of choice; it was a choice not unlike the one which, seventy years prior to “Gli equivoci,” was made when the part of the protagonist in Monteverdi’s “Arianna” was afforded to the singer and actress Virginia Ramponi, acclaimed by all of her contemporaries .

 

In accordance with the fashionable use of the sinfonia avanti l’opera, the disc opens with a shimmering overture borrowed from the opera “La principessa fedele” (1710). The overture presents the canonic subdivision in three parts (PrestoAllegroPresto) and seems tailor-fit to the size of the two baroque guitars. In closing it is proposed again with its original intention, to introduce to the scene the princess Cunegonda, who – accompanied by the instruments – sings the da capo aria “Scherzo fui della procella.”

 

A testament to the musical art of Alessandro Scarlatti would be gravely incomplete without referring to his dedication as an author of chamber cantatas. After the opera, the cantata profana, for single voice and figured bass, was for quite a long time a favorite genre in 17th century Italy: this shouldn’t come as a surprise, in a time in which singers were at the height of the musical hierarchy (at least until Corelli and his school proved that the violin could compete with the voice, and even prevail over it). The voice was the only instrument for which chamber music was composed at such an elevated style and level: and so, Alessandro made some of his over 700 cantatas the ideal laboratories to experiment with his technical and expressive vocabulary. The first Scarlattian cantatas had irregular forms, often with arias in binary forms or over ostinato bass figures. Around 1700 Scarlatti codified the structure in a diptych of arias, almost always with da capo, separate from the recitative, as in “Il rosignuolo” (possibly dated around 1698), and often preceded by an introductory recitative (this is the case for the “Cantata di lontananza”, 1700-1710).

 

The most prodigious and admired masterpiece of Alessandro Scarlatti was undoubtedly his son Domenico, now one of the most beloved – and most performed – composers in the world. Within the corpus of Domenico Scarlatti’s sonatas for harpsichord there is a group of five sonatas in three or four movements for one upper voice and figured bass, catalogued by Ralph Kirkpatrick as K.81, K.88, K.89, K.90, and K.91. One of these, the sonata K.81, is found at the center of our program in the form of a musical interlude. Although the text is devoid of any indications, it is likely that the top voice would be entrusted to a monodic instrument, such as a violin, a mandolin, or a wind instrument (and there are many who argue that these are indeed sonatas for keyboard, in which the bass is harmonized on the spot by the performer). This program, however, offers the unusual realization for the five-course guitar and basso continuo.

 

Over sixty operas and seven hundred cantatas, thirty-five oratorios, masses and motets (to cite only his vocal music) define a musical career that lasted almost fifty years: and yet the process of discovery and appreciation of the music of Alessandro Scarlatti is far from complete. There were some fundamental steps  that were made (the first, in chronological order, is the monograph by Edward J. Dent, “Alessandro Scarlatti: his life and works”, London, Arnold 1905) and there have been some sporadic flares of interest since then (such as the week of Scarlattian studies, conceived by Alfredo Casella and Sebastiano A. Luciani and organized by the Accademia Chigiana of Siena in 1940); but for the most part, the immense production of the Sicilian maestro remains shrouded in a thick fog of oblivion. This CD pays homage to the musical art of one the greatest Italian composers of all time.

 

Lorenzo Micheli

Milan, September 2013

translated by Aaron Haas