Magnifici esecutori di differenti ambiti strumentali che si collocano tra il Rinascimento e l’età classica, Massimo Lonardi (qui arciliuto), Matteo Mela (chitarra barocca) e Lorenzo Micheli (tiorba e chitarra barocca) amano incontrarsi in disco e in sede di concerto per progetti che esaltano l’affinità delle loro qualità di interpreti: tecnica sopraffina, puntigliosa preparazione storica, vero talento nell’entrate in sintonia con l’arte e il gusto dei secoli passati, partecipe e lucida capacità d’approfondimento, musicalità assoluta, sensibilità ai massimi livelli.
Dopo un CD dedicato ad Andrea Falconieri, i tre artisti sono tornati a incidere per Stradivarius dichiaratamente per “rendere omaggio all’arte musicale di uno dei più grandi compositori italiani di tutti i tempi” che in buona parte “rimane ancora avvolta dalla nebbia fitta dell’oblio”, ovvero quella di Alessandro Scarlatti.
Il progetto è tanto anomalo quanto i risultati convincenti, e ruota attorno a una serie di Arie (tratte da “La principessa fedele” e “Gli equivoci nel sembiante”) e a un paio di Cantate (“Il rosignuolo” e “Cantata di lontananza”), all’occorrenza affrontate secondo l’attestata pratica seicentesca di accompagnare tali brani con soli strumenti a pizzico. La voce è quella chiara e schietta ma sempre incisiva di Renata Fusco.
Un disco importante che spiazza, declinando in un registro inatteso, ma forse più aderente al sentire di allora, il genere melodramma, che – al contrario – oggi è quasi sempre declinato al sentire dell’Otto-Novecento.
Massimo Rolando Zegna
Amadeus, n. 291, febbraio 2014